“I miei antenati europei avevano lavorato duro per diversi secoli; si erano battuti prima per dominare e poi per trasformare il mondo, e in un certo senso vi erano riusciti. L’avevano fatto per soddisfare la propria passione per il lavoro e per il guadagno, ma anche perché credevano nella superiorità della loro civiltà: avevano inventato il sogno, il progresso, l’utopia, il futuro”. [Michel Houellebecq- Piattaforma, 2001]
Oggi l’europeo continua a lavorare. La saggezza del popoli d’Europa sarebbe dovuta approdare ad una stasi, alla felicità del saggio. Ma nesssuno reputerebbe felice un saggio, nell’Europa di oggi. Si penserebbe che non sia stato capace o che ci “abbia rinunciato”. E allora continuiamo a prendere aerei, treni ad alta velocità, ci sorbiamo convegni, seminari, meeting devastanti e avvilenti briefing. Facciamo gli importanti, ci impegnamo ogni giorno nel vergognoso e ridicolo attivismo che ben conosciamo: telefonate a tutto spiano, andirivieni, traffico, caselli autostradali e trasformiamo quella che poteva essere una giornata di felicità e di conoscenza, in una giornata nella quale facciamo molte telefonate. Tutto qui.
L’europeo lavora per una sorta di nevrosi compulsiva: è scomparsa la coscienza del diritto naturale di dominare il mondo e orientare la storia. Grazie al lavoro degli europei dei secoli precedenti, conservaiamo ancora un certa ricchezza, destinata a scomparire presto, sotto il peso di civiltà emergenti.
Godiamoci quel poco che resta.