Month: October 2011

Caro Steve

Caro Steve,

tu sei il mentore di giovani e meno giovani che la pensano differente, pur pensandola tutti allo stesso modo. Hai cambiato milioni di vite. E anche un po’ la mia.
Ad esempio, prima andavo a correre a Villa Pamphili e sentivo solo gli uccellini. Ora corro ascoltando i ritmi tribali dei Chemical Brothers o gli archi di Haydn, in una deliziosa bolla musicale, techno o classica, a seconda di come mi gira.
Te ne sarò grato per sempre.

E poi – a dirla tutta – con sta storia di frequentare la morte per apprezzare meglio la vita, mi hai conquistato definitivamente. E’ una buona idea, elementare, ma nessuno ha avuto mai il coraggio di tirarla fuori al grande pubblico con chiarezza, come hai fatto tu. A me lo diceva sempre anche mio nonno. Anzi me lo cantava: “A noi la morte non ci fa paura/ ci si fidanza e ci si fa l’amor/ se poi ci avvince e ci porta al cimitero/s’accende un cero e non se ne parla più”.

Ho sempre guardato con stupore e ammirazione alla tua figura, Steve, a prescindere dagli uccellini di Villa Pamphili: perché pur essendo rigido esecutore di una cultura d’impresa chiusa, isolata e controllata, milioni di designer, pubblicitari, musicisti ed altri professionisti della creatività, hanno amato profondamente te e i tuoi prodotti. E, cosa ancor più incredibile, il marchio Apple è sempre stato sinonimo di libero-pensiero.
Basta buttare un occhio ai media in queste ore, o al sito di Zuckerberg, per fugare tutti i dubbi, qualora ve ne fossero: un guru, un genio, una guida, un messia. Giudizio unanime.

Partiamo dall’iPod, la tua creatura che conosco meglio. L’idea di un riproduttore musicale, sincronizzato solo a se stesso e ad iTunes, ha messo in catene le nostre esperienze di navigazione, la ricerca di brani o band, cambiando per sempre il modo di fruire della musica (e non solo). Una vera e propria rivoluzione, fatta mentre le major si affannavano inutilmente a rincorrere i «pirati» del peer-to-peer.

E qui ci avviciniamo al punto.

Ho l’impressione che tu sia sempre stato concentrato a cercare ficcare tutte le nostre vite in un solo aggeggio: la musica con l’iPod, i giornali con l’iPad, le nostre comunicazioni con l’iPhone. Supporti unici e inviolabili che non tollerano agenti esogeni; supporti totalizzanti, che testimoniano, però, l’appartenenza a un’idea molto diversa da quella che tu stesso amavi raccontare, con quella tua faccia da bravo ragazzo e gli occhialetti alla Lennon.

«All-Apple» era il tuo sogno irrefrenabile, fin dall’inizio della tua carriera. Come quando i tuoi stessi ingegneri ti hanno dovuto fermare, perché t’eri messo in testa di costruire un hard-disk  made in Apple. Mal sopportavi, infatti, l’idea che le tue macchine non fossero tue al 100%. E il fastidio per le commistioni è sempre stata un po’ la cifra della tua imprenditoria. Poi il fantasioso colosso americano s’è dovuto piegare al rigore degli hard-disk giapponesi. Una nemesi.

Il mondo dei monopolisti dell’IBM, contro il quale ti sei scagliato in gioventù, l’hai ricostruito tale e quale, insieme al tuo amico Bill, ma – è qui è la tua grandezza – senza perdere un grammo del consenso di questi milioni di ragazzi  – soprattutto ex ragazzi, a dire il vero – con le tracolle, le bandiere della pace e il mito di John Lennon. Tu e Bill, due facce della stessa medaglia. Due attori consumati, pronti a scambiarsi la parte del leader e del follower, a seconda delle necessità del mercato. Lui antipatichello, tu gradevole, smart e politically correct.

Oggi però ti scrivo per darti una cattiva notizia: in Italia, come nel resto del mondo, milioni di persone stanno crackando i tuoi IPhone per montare sistemi open source, e ficcarci dentro il diavolo che gli pare. Gli smartphone Android hanno superato, in numeri assoluti di vendite, i supporti Apple. E’ in corso una forma di rivolta alla Masaniello, applicata ai sistemi informativi.
Il tuo mondo sta morendo, caro Steven, si sta lentamente disgregando, sotto i colpi del progresso: “Sono in tanti, giovani e meno giovani, che decidono di passare a sistemi open. Non si tratta solo di una scelta di maggiore versatilità ma, soprattutto, la sensazione di non ritrovarsi chiusi in un mondo dal quale non possono uscire”. Come Masaniello contro gli spagnoli, appunto, come Mohamed Bouazizi da Sidi Bouzidi, migliaia di giovani stanno preparando una nuova rivoluzione digitale, improntata sullo scambio e sul progresso, più che sul profitto.

Il progresso, Steve. Ti sei mai chiesto qual è la differenza tra il business e il progresso?

Parliamo di mele. Un filosofo irlandese diceva che se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, avremo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee. Tu, invece, te ne sei sempre fottuto delle idee degli altri, Steve. E appena ne hai avuta una tua – e ne hai avute di preziose – hai sempre fatto in modo di presidiarla e sorvegliarla in maniera rigorosa, come fanno i ricchi americani, con le loro ville a Beverly Hills o i leghisti nostrani coi loro box auto nella provincia di Varese.  E’ qui è la differenza tra il progresso e il business. O meglio, tra il un business sano e uno impuro e – consentimi – un po’ egoista.

Nessuno ti ha mai chiesto di pensare gratuitamente e per lo sviluppo e il bene delle genti future – altrimenti ti saresti chiamato Marconi, non Jobs. Ma scambiare le idee, quello sì, era dovuto. Avresti aiutato ad accelerare i processi di sviluppo. Avresti generato una diminuzione dei costi per i tuoi fan e creato un clima di mercato più salubre. Come ti è saltato in mente di affermare la tesi della superiorità della razza Apple, perseverando sulla strada del razzismo informatico, giocando a rimpiattino col tuo amico Bill, alle spalle di milioni e milioni di persone? Come hai potuto privare l’utenza planetaria, che avevi meritatamente conquistato, di una rapida evoluzione, a vantaggio di una evoluzione che fosse solo Tua (o di Bill), con un relativo, lento, inesorabile aumento degli introiti e della salvaguardia della “purezza” della razza informatica che avevi creato? Proprio tu? Tu che «essere l’uomo più ricco al cimitero non mi interessa», tu progressista, tu tollerante, tu che amavi perfino le biciclette …

E’ tutto chiaro, Steve, tutto normale, tutto lecito. Lo hai fatto perché hai sempre creduto che le tue idee fossero giuste e quelle degli altri non valessero granché. Lo hai fatto perché hai creduto fermamente che lasciar marcire un sistema di lettura video che non fosse il TUO sistema di lettura, fosse una cosa sacrosanta. Lo hai fatto perché you’re not a dreamer, come quel fessacchiotto di Lennon; e a 25 anni valevi “più di 100 milioni di dollari” e hai sempre creduto che “image no possession” fosse una grande, grandissima puttanata. Lo hai fatto perché hai creduto in te e nei tuoi. Non negli altri.

E chi glielo spiega adesso a questi delle tracolle? Cosa penseranno, quando comprenderanno l’inganno?  Quando capiranno che il loro guru, infine non era che uno scaltro imprenditore, affamato sì, ma di danaro e monopoli, alla stregua di tutti i capitani d’impresa della storia dell’occidente. Cosa diranno quando capiranno che, come è inevitabile che sia, anche tu hai aperto la tua strada passando sui cadaveri degli altri, proprio come Zuckerberg con il suo Facebook, la BMW, Hugo Boss, la Coca-cola e tutti i milioni di brand che si sono affermati dal medioevo a oggi.A noi italiani, come funziona, lo ha spiegato molto bene una ragazza barese, una filosofa inconsapevole, qualche giorno fa in un’intervista di successo – non ti dico la combriccola delle tracolle che levata di scudi!

Ma cosa vuoi che ti dicano, Steve? Nulla. Non diranno nulla, tranquillo. Non diranno neppure una parola. Non lo scopriranno mai. Loro sono troppo impegnati ad essere tolleranti, progressisti e a cambiare la loro immagine del profilo con la mela che piange. Non hanno tempo da dedicare a una verità, che non sia la loro. Ormai tu sei un’icona, e tale resterai. La pubblicità è più forte della realtà (milioni di uomini ogni giorno ingeriscono felici una bevanda gassata e corrosiva, che sa di medicinale). Come il Che per i pacifisti, sei destinato a rappresentare il bene, anche in ambiti che non ti hanno mai riguardato.

Ho come la sensazione che li abbia fatti fessi tutti, Steven. E proprio in grande stile. E anche per questo mi mancherai.
Ma gli occhialetti – dimmi la verità –, Lennon o Himmler?

Sempiterna gratitudine.
E scusa il ritardo,
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