Da Pasolini a Papaleo – Il Vangelo secondo Pittella

sassi1Non so se avete presente Ritorno al luogo natio, la poesia di Sergej Esenin. Forse no, ma vale la pena cercarla. Racconta del poeta che, dopo la rivoluzione, torna al paese natale e trova tutto cambiato. Nulla è più come prima: strade, case, chiese, persone.

Ecco, credo che per Matera e per i materani valga un po’ la stessa cosa. Questo 2019 è come una rivoluzione.

Io me la ricordo Matera. I miei genitori mi ci portavano da ragazzo quando avevano ospite qualche amico da altre parti d’Italia. Secondo mio padre a Potenza non c’era molto da vedere, né da fare, e comunque «uno che viene in Lucania non può mancare la magia dei Sassi». Io masticavo amaro per via di un campanilismo calcistico che, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, aveva assunto la forma di “guerra santa” contro il cugino “cavernicolo” e “sassaiolo”. Ma sentivo che in fondo i miei avevano ragione: i Sassi erano belli davvero e neppure la mia fede rossoblù poteva felpare quell’incanto. L’isolamento di quella gente dall’accento imbarazzante aveva creato un mondo a parte, silenzioso, poco frequentato, per certi versi triste e malinconico anche nella sua calda luce israeliana, o palestinese – vabè insomma diciamo mediorientale. Girare nei Sassi era un po’ come essere dentro al presepe, ma non quello napoletano, quello originale. Sì, insomma era come essere a Gerusalemme (dove poi sono stato e ho potuto constatare l’incredibile somiglianza di Matera con la Palestina e del dialetto materano con l’aramaico). Un presepe povero (nel senso positivo di essenziale) circondato da caverne e calanchi incantevoli allo sguardo, da un silenzio quasi sacro, interrotto talvolta da un ceccausa? (che è un intercalare che vuol dire “che cosa?”, in aramaico appunto).
E poi, oh!, Pasolini (dico Pa-so-li-ni) nel ’64, l’UNESCO nel ’93 e infine Mel Gibson agli inizi del 2000, hanno santificato definitivamente l’incantevole, atavica, irrimediabile bellezza di Matera, con buona pace di noi ultras rossoblù.

Stacco: Rocco Papaleo! Amadeus! e Claudio Lippi!
Francesco Renga, quel che resta di Antonello Venditti (che per l’occasione ha cantato In questo mondo di ladri, nella quale molti ci hanno visto un riferimento alla giunta regionale PD), Malika Ayane, Marco Masini, Noemi e Paul Young. Più alcune giovani promesse della musica italiana di Amici di Maria De Filippi e anche alcuni dei protagonisti di Tale e Quale show (che non so che cazzo sia, ma mi fido). Tutto questo in virtù di Matera Capitale della Cultura(!) Duemiladiciannouufe (sì, a Matera il 9 si pronuncia nouufe, quasi come in francese).

È un po’ che non ci vado a Matera. Me la sono ritrovata in tv la notte di capodanno a casa di un amico, e nonostante il campanilismo jihadista non sia ancora del tutto sopito, mi ha fatto una gran tenerezza. Mancano ancora tre anni al traguardo – mi sono detto – e questi già stanno a Papaleo e Marco Masini.

Piccolo inciso su Papaleo Rocco da Lauria.
Lauria è un piccolo paese della Lucania al confine con la Calabria (agli antipoidi del materano). In Calabria per indicare una persona non particolarmente brillante si usa il sintagma ciot-i-lauria (sciocco di Lauria).
Rocco Papaleo – chiariamo – è innanzi tutto il nome del protagonista di un film di Ettore Scola del 1971, interpretato da Marcello Mastroianni. Ma è anche il nome del talentuoso (dicono) anchorman, regista, sceneggiatore, attore quasi calabrese, che s’è messo in testa di promuovere (così dice lui e quelli del pd lucano) la Basilicata, che lui si ostina a chiamare Basl-cata, in un idioma «più papaleiano che lucano, nel quale i lucani non hanno alcuna intenzione di universalizzarsi» – come ha giustamente osservato la Simonetta Sciandivasci sul Foglio di qualche giorno fa.
Per promuovere la Basl-cata, ad esempio, il nostro Rocchino da Lauria ha preso dalla Regione 350 000 euro del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale nell’ambito del Programma Operativo 2007–2013 per girare il suo bellissimo (dicono) Basl-cata coast to coast; e almeno il doppio dall’ENI (Ente Nazionale per la trivellazione della Basl-cata) per prestare il suo volto agli spot del colosso petrolifero italiano.

Rocco – bontà di dio – si fa fatica a capire cosa cazzo dici! Hai una cadenza veramente di merda!
D’altronde – caro Piettella – tra Pasolini e Maria De Filippi ci dovrà pur essere una terza via, che non passi necessariamente solo e sempre da Lauria (in aria di capitali della cultura, m’è uscita pure la rima).

Scusate, torniamo a Matera.
Ormai quando entri nei negozi ti parlano direttamente in inglese – mi ha detto un amico che per lavoro ci va tutte le settimane -, i Sassi sono sempre affollati da visitatori di tutto il mondo e il business turistico della città è ormai a livelli davvero interessanti.
Jihad a parte, non può non far piacere. In una regione che, prigioniera del PD, non riesce ad uscire dallo schema turistico delle sagre paesane (finanziate dagli sgherri del petrolio, appunto), Matera rappresenta il cambiamento, l’uscita dalla stagnazione, il barlume di speranza. Il problema è però il prezzo da pagare. Di certo questo capodanno non è stata una buona partenza: 585.600 euro spesi dalla Regione, da ripetersi ogni anno fino al 2019 (per un totale di 2,9 milioni). Trattasi di: «Potenziamento dell’azione di promozione turistica della Basilicata mediante l’organizzazione di un grande evento nella Città di Matera capitale della cultura 2019».

«La qualità è assicurata dalle note capacità tecniche ed artistiche di RaiCom», che garantisce «il ricorso a tecnologie innovative della comunicazione e informazione». Non abbastanza innovative, evidentemente, da impedire il bestemmione in mondovisione, la pubblicità alla pizzeria Eustachio, il finale di Star Wars e persino un liberatorio «Pittella vaffanculo», colpo basso al povero Bush jr de noantri (di Lauria anche lui come Papaleo), che tanto aveva puntato su quella serata.

Un affare tutto renziano, del quale, al di là dell’efficacia, risulta difficile non registrarne l’ardimento: senz’altro un passo avanti, rispetto alla vecchia gestione PD, fondata solo sul voto di scambio, sui cerchi magici e sulle clientele più mefitiche («la Prima Repubblica non si scorda mai»).

Ma – mi domando – non era più semplice mandare in onda il Vangelo Secondo Matteo nel prime time di una sera d’inverno e investire i 3 milioni in qualche ritocchino decementificante al Caveoso?
Passare da Pasolini al testimonial dell’ENI – me ne darete atto – è davvero la più infausta delle nemesi.

Al mio miglior nemico, dunque, auguro maggior fortuna. Ma occhio agli sciacalli, cugino cavernicolo: nel Barisano e nel Caveoso, tra gli stock di giapponesi, è già all’opera la banda. E il PD lucano, seppur dilaniato dalle sue medievali lotte intestine, pare si stia preparando al salto sul carro (che non è certo quello della Bruna, ma quello del vincitore, as usual), per praticarti un po’ di dolce su e giù – si sa, il modello Basl-cata è un po’ come lo ius primae noctis. Ma tu, mi raccomando: lavora duro! 😉

Quello che mi chiedo infine è se, in questo anno che verrà, a qualche famiglia materana, quando avrà ospiti da fuori, non possa venire in mente di uscire dal trambusto dei Sassi, per far assaggiare quel silenzio particolare che in Lucania avvolge le cose, che cristallizza gli eventi della vita nel loro attimo migliore, quel silenzio che si gode nei nostri boschi, sui nostri monti, per le strade dei nostri paesini arroccati che sono un’alternativa ai tour made in UNESCO, quel silenzio che non si può racchiudere in una guida, perché più intimo e profondo del turismo, quel silenzio di Sinisgalli che, Rocco Papaleo – se vuol essere davvero dei nostri – deve imparare al più presto.

 

 

 

 

(citazioni da A. Pascale, Non è per cattiveria – Laterza, Contromano)

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