Più in generale, si ha l’impressione che il paese rischi d’essere definitivamente affossato dalla lotta fratricida tra i clan del PD (Magistratura Democratica ha evidentemente cambiato bersaglio, la minoranza PD fluttua inebetita e impotente, tenta sabotaggi, trama, anche se poi alla fine in parlamento vota).
Sbagliata era dunque la telefonata, non l’emendamento. Riprorevole è l’incredibile groviglio d’ignobili interessi clientelari e familistici, tutti a marca PD, che il progetto Tempa Rossa ha generato.
Questo al netto dei soliti ambientalisti d’accatto, che ci rompono i coglioni, alla stregua dei vegani, cinquestellai, slowfooddisti, bio-integralisti, animalisti, sedicenti fascisti, no-tav e cooptati d’ogni ordine e grado, unico vero grande flagello di questo paese incatenato e sterile.
L’unico leader della scena politica italiana in questo momento è Matteo Renzi. È questo un dato incontrovertibile. Le dimissioni lampo della Guidi altro non sono che la dimostrazione concreta della sua forte leadership (in altri tempi i ministri ben più intercettati, o non si sono dimessi, o ci hanno impiegato mesi). E l’ossequio di Verdini, col suo codazzo massonico-mafioso, ne è la contro-certificazione.
C’è da domandarsi semmai com’è possibile che tutto intorno ci sia il vuoto, a chi giovi questo vuoto, chi lo favorisce e come mai, ad esempio, i media diano visibilità allo stolido Salvini anziché ad altri, un po’ meno marchiani. Ma questo è un altro discorso.
Si ha l’impressione che l’Italia sia definitivamente uscita dai giochi (così come l’Europa, d’altronde) della grande politica planetaria. In questa fase storica, il pericolo per l’Italia scaturisce proprio dalla sua impotenza, dalla pressione immigratoria, dalla violenza dei vortici bellici che girano nell’area mediterranea (e balcanica), dal crescente disinteresse degli Stati Uniti. Se il paese non prende coscienza della propria inconsistenza politica, industriale, militare e ideologica, rischia di essere risucchiato nel caos, assieme alla Grecia e alle altre appendici meridionali dell’UE che qualche leader nord-europeo vorrebbe trasformare in immensi campi profughi, assegnando a noi il compito di gendarme di flussi umani, che un tempo Berlusconi diede a Gheddafi (cosa che, ci rendiamo conto, farebbe la fortuna dei tipi alla Buzzi e delle coop, anch’esse rosse come la Tempa).
Ma è proprio dal disinteresse crescente da parte degli USA che bisogna ripartire, provando a rimettere assieme i pezzi dello Stato Italiano (svenduti da Prodi e compagnia), riorganizzare il Paese, facendo crescere il proprio livello di autonomia economica, alimentare, industriale ed energetica. E l’Italia non può che ripartire dal Mediterraneo, il luogo in cui da ormai novant’anni s’è assopito il suo destino.
E trivellare (sì, trivellare!) può essere anch’esso un modo per ripartire, per riprendere possesso, rialzare la schiena e smetterla d’immaginarci come un popolo di camerieri e albergatori, dj, baristi e ristoratori, ma tornare a prendere coscienza d’essere altro che un mega airbnb adagiato in mezzo al mare: un faro per le genti del Mediterraneo, un faro per il mondo intero.
Renzi ha una chance dalla Storia per rimettere in moto tutto questo. Una chance che non durerà per molto.
A patto, ovviamente, che si agisca nell’interesse del paese (e quindi della Lucania) e non nel recinto degli interessi (mafiosi) del PD.