Roma Tremilaventiquattro

imageQui il tempo ha altre leggi, lo spazio proporzioni diverse. Come con gli scudi e le piotte, bisogna imparare da subito a farei conti con nuovi parametri,  ad essere noi stessi, ma districandosi tra le strade di questa benedetta grande bellezza, talvolta sfiorita, ma sempre ammonitrice e maestra.  Una immensa ruota sublime nella quale s’impara a perdere tempo senza frignare (come invece fanno i cugini calvinisti), avvicinandosi in questo modo, inconsapevolmente, al mistero della storia di Roma e della sua vera essenza. Poiché il genio e la virtù di questo popolo sono innanzi tutto nella sua immensa capacità di attesa, nella sua incomprensibile pazienza, che è vasta quanto è vasta la superficie. Questa pazienza è sopravvissuta a tutto, in ogni tempo, ha sconfitto burgundi e marcomanni, lanzichenecchi e gepidi, goti e francesi, e anche adesso agisce come il più robusto pilastro nella nuova architettura sociale di questo sfacelo. Nessun altro popolo al mondo sarebbe stato in grado di sopportare la sorte che Roma è abituata a subire da millenni, con indifferenza e nonchalance. Guerre, carestie, allagamenti, sacchi e devastazioni, abusi, ruberie e palazzinari, fino al Nulla pneumatico di queste ore. Non per niente Roma è la prima città del mondo. E ognuno di noi non può che inchinarsi con deferenza di fronte alla summa di sofferenza e martirio ch’essa è costretta a subire.

Tutto ciò Roma ha potuto tollerarlo grazie a questa sua eccezionale resistenza nella passività, attraverso un me ne frego scanzonato e ironico, ma anche eroico al tempo stesso, e una tenace, muta pazienza, ch’è la sua vera grande forza incommensurabile.

 

 

 

(ispirato da un passo di S. Zweig)