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Palestinian breakfast

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Stamattina quattro bambini palestinesi che stavano facendo colazione con la loro mamma sono saltati in aria in mille brandelli. A colpilrli è stata una cannonata di un mezzo blindato dell’esercito israeliano. Anche la mamma, per sua fortuna, è deceduta dopo poco in ospedale e non dovrà sopportare il fastidioso rituale della “ricomposizione dei corpi”, tipico di quelle parti. l’episodio è sgradevole, emblematico, ma di per sé per niente eccezionale. Capita spesso in Palestina di fare colazione a suon di bombe: è la contropartita per l’ostinata e bizzarra volontà di questo popolo di voler continuare a vivere nei propri territori. Gli altri, gli israeliani, dal canto loro, possono vantare l’esercito migliore e meglio armato del mondo. Quasi 200.000 miliziani effettivi per una popolazione di circa 6 milioni di abitanti (in Italia ne abbiamo poco più di 100.000 per 60 milioni di anime); ma l’esercito d’Israele ha una prerogativa unica al mondo: può triplicarsi nel giro di 3 ore, grazie ad una riserva di 500.000 soldati, pronti a scendere in battaglia in qualsiasi momento. 16 divisioni suddivise in 76 brigate, 3.930 carri armati, 8.000 mezzi blindati per trasporto truppe e 1.348 pezzi d’artiglieria. Fiore all’occhiello delle milizie è l’aviazione, con i suoi 1000 aerei da combattimento, 100 da trasporto e più di 300 elicotteri Apache. Senza contare la marina e tutte le forze di supporto militari e civili. Tutto per una popolazione grande su per giù come quella danese, che vanta invece un esercito di 15.000 uomini. Perché queste considerazioni? Non certo per una volontà di armamento, né tantomeno per mettere in piedi una predica pacifista. Credo che l’episodio della polverizzazione dei quattro bimbi di Gaza durante la colazione e altre migliaia di “incidenti” simili che accadono ogni giorno da quelle parti, abbiano una innegabile valenza letteraria e cinematografica. Mi chiedo come mai, al cospetto di pezzi di carne fresca e sanguinolente, di efferati eccidi quotidiani e contemporanei, i nostri cineasti, scrittori, i registi e pittori ,fotografi e cantori si ostinino ancora a ravanare nell’obsoleto serbatoio d’inizio secolo per vincere i loro premi e le loro competizioni. Perché raschiare il fondo di un vecchio barile della storia per strappare lacrime al malcapitato lettore, spettatore, fruitore occidentale? Se, ad esempio, la morte di tutti questi esseri umani potesse servire un giorno a vedere sui nostri schermi un bel film di Spielberg o di Benigni sull’olocauto palestinese, non cambierebbe nulla, ma se non altro questi signori avrebbero adempiuto alllo scopo primario di un artista degno di tal nome: intelleggere la realtà storica nella quale egli vive, meglio e più di chiunque altro. Che è ben diverso dal riscaldare vecchie minestre della storia al solo scopo di forviare le menti, inginocchiandole al servizio dei nuovi carnefici.