Tag: Europa

Allons Startup de La Patrie!

Esultano le banche, i mercati, il grande capitale, i burocrati e i bobos di tutt’Europa.
I trumpisti di casa nostra, invece, ululano alla luna, imprecando contro il goblotto giudaico-massonico.
Le urne francesi ponevano l’elettore davanti a due visioni del mondo: una ultra-liberale e universalista, che non crede nello Stato né nella Nazione, l’altra identitaria.
Unico problema è che per abbracciare la seconda, bisognava sobbarcarsi tutto il peso di una struttura culturale (e politica) decadente e a tratti imbarazzante, quella appunto del nuovo Front National di Marine Le Pen. E infatti il 36, 91% dei francesi (tra nulle, bianche e astenuti) non se l’è sentita di spingere avanti quest’armata livorosa e decostruzionista (in questo tale e quale ai cinquestellai di casa nostra).
Non molto diverso da quello che succede in Italia, dove da a una ventina di anni a questa parte, se vuoi votare di là, devi farti il segno della croce – d’altronde checché se ne dica, Marine ha salvinizzato il Front (e non viceversa), anteponendo le gravier (la ruspa!) ai principi della novelle droite di Alain de Benoist (tanto cari al padre Jean Marie).
Risultato? Una débâcle!
È bastato l’algido algoritmo umanoide Macron a disintegrare i sogni di gloria lepenisti. In passato i milieu affaristici sostenevano un candidato o un altro, a seconda dei loro interessi. A sto giro hanno avuto agio di piazzarne addirittura uno proprio. E questo solo grazie alla consistenza, ma allo stesso tempo all’inconsistenza, di Marine e della sua equipe di avvocatuncoli borghesi, xenofobi e marrani.

Mi pare evidente che i francesi non siano ancora arrivati allo stato di decomposizione mentale, politica e culturale in cui versano gli americani e i loro cugini inglesi. Nessuna exit, dunque, per adesso, nessun Trump d’Oltralpe.

Ma non disperate. Oltre alla sua passione granny e alla conseguente inclinazione estinzionista, mr Mac ha anche una forte intraprendenza startuppara, e presto prenderà la Francia per mano per condurla ai livelli di degrado politico e culturale in cui versano i suoi cugini-alleati anglo-americani: smantellamento dell’apparato statale, abbassamento dei diritti dei lavoratori, a vantaggio de le grand replacement.
Arriveremo quindi al 2022 che la Francia sarà un polveriera nel cuore dell’Europa.  A quel punto toccherà a Marion Marechal, la vera erede di Jean-Marie. Ma sarà ormai troppo tardi. Il paese sarà probabilmente in submission, saldamente in mano ai fratelli mussulmani.
Saranno cazzi? Beh, sì: saranno cazzi. Non tanto per le banche e i mercati che com’è noto non conoscono luoghi, religioni né ideologie, quanto proprio per i nostri poveri bobos, che si ritroveranno le figlie con lo Hijab, e il loro fidanzato Mohamed che bonificherà la cantina, sversando nel cesso la riserva di Bordeaux di nonno Philippe.

… E poi si chiedono perché uno non faccia politica.
Non è perché sia difficile, ma piuttosto perché sarebbe del tutto inutile. Forse meglio concentrarsi a portare a termine la nemesi e aiutare gli algoritmi finanziari a completare l’opera nel minor tempo possibile.
E tu da che parte remi, verso un’Europa musulmana o una gender-free?
En marche! Rien ne va plus.

* Quest’articolo non prende in considerazione in alcun modo la Russia e Putin onde evitare il rischio concreto di mandare dallo psicanalista l’elettore di sinistra medio italiano, che già si trova al contempo a tifare per Rothschild e l’Europa dei “padroni” contro quella degli operai e dei contadini, votare per Banca Etruria, pur rimanendo anti-capitalista no-global, cantando oh bella ciao al primo maggio, ma anche Occidentali’s Karma, sventolando in entrambi i casi la bandiera del PCI.
A questo punto qualcuno darà atto che perdere la seconda guerra mondiale non è stata proprio una grandissima idea.

 

L’Europa irrilevante

Tra la Russia e il MediterraneoDobbiamo a malincuore constatare che l’Unione Europea dei 27, parvenza di un’Europa politica, è attualmente soltanto un’ “espressione geografica” tra la Russia e il Mediterraneo: una vera e propria nullità sul piano geopolitico. Dal punto di vista geostrategico, invece, essa costituisce la testa di ponte degli USA lanciata sulla massa euroafroasiatica. Per quanto riguarda poi il proprio stato di salute economico e finanziario, i Paesi dell’Unione possono vantare il primato di aver distrutto, nell’arco di appena due decenni, un equilibrio sociale – precario e debole quanto si voglia e certamente bisognoso di sostanziali e radicali correttivi. Un equilibrio che, tuttavia, giacché imperniato sullo stato sociale, costituiva un poderoso elemento di coesione nazionale ed europeo, nonostante le tensioni pure gravi che hanno costellato la storia europea degli ultimi trent’anni. Ma l’errore maggiore è stato quello di non aver costruito alcunché di alternativo, e neanche di prospettare un’ipotesi valida per la costruzione di un’Europa attenta alle questioni sociali ed alla stabilità economica. L’ubriacatura neoliberista, inaugurata dal thatcherismo, ha attraversato tutta la cultura “politica” dell’Europa continentale, esprimendosi, in nome di un’unilaterale concezione della “modernizzazione”, in pratiche antisociali, e, soprattutto, asservendo drammaticamente le scelte politiche e gli interessi – nazionali ed europei – alle logiche economiciste ed espansioniste del vivace ed aggressivo turbocapitalismo d’Oltreoceano. Le dinamiche economico-sociali del neoliberismo degli ultimi anni hanno avvantaggiato soltanto esigui e selezionati ceti europei e aumentato il divario tra “ricchi” e “poveri”.

Sul piano culturale, le cose non stanno di certo meglio. L’industria culturale di massa, quella che in particolare determina i comportamenti delle nuove generazioni (anche di quella parte di esse che si vorrebbe antagonista ed alternativa), appare totalmente dominata dagli stereotipi d’Oltreatlantico, come peraltro quella di élite. Le classi dirigenti europee, siano esse politiche, economiche, finanziarie o intellettuali, mallevadrici dell’american way of life, sono in gran parte cooptate nelle strutture di dominio statunitense. Il loro operato sembra dunque rispondere a egoistici interessi di casta e, soprattutto, almeno a partire dalla prima guerra del Golfo, a quelli economico-finanziari di Wall Street e a quelli strategici di Washington.

Il soft power statunitense ha vinto le ritrosie anche di quei settori della sinistra europea, in larga parte tradizionalmente antiamericana, e di quegli strati delle destre nazionali più attenti agli interessi continentali.