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La morte dei fascisti

Proprio poche ore prima di spirare, leggiamo nell’ultima pagina del libro, l’autore leggeva con la figlia Barbara La morte in faccia, uno dei Poemi di Fresnes di Robert Brasillach. Versi che riportati integralmente dai curatori del volume contribuiscono a chiarire il significato profondo di tutta l’opera: «Il mattino – scriveva Brasillach poco prima di morire a 35 anni – il prete è venuto con la comunione. Pensavo con dolcezza a tutti quelli che amavo e tutti quelli che avevo conosciuto nella mia vita, e pensavo con dolore al loro dolore. Ma mi sono sforzato il più possibile di accettare…». Anche per quest

quella versione classica che fornì l’iconografia originaria al nostro Occidente – di piazzale Loreto.
Scrive infatti Galli, a suo tempo collega di studi universitari di Accame, che il cuore del lavoro sta in una interpretazione culturale del fascismo attraverso la ricca cultura europea che si è schierata in quel versante, «nei suoi anni d’oro, ma, con coerenza, sino alla tragica fine: anche per essa, per i suoi rappresentanti che Accame tratta con grande partecipazione, mi pare ci sia la riflessione implicita sulla possibile sopravvivenza alla morte politica del fascismo».
E, concludendo la sua lettura, Galli intravede nell’interpretazione-testamento di Accame i sintomi di una possibil

Il politologo aveva già ricordato, in uno scritto in occasione degli ottant’anni dell’amico Giano, che Accame ha sempre lavorato «per far uscire la destra dal lungo letargo». Lo confermava lo stesso autore de La morte dei fascisti: «Anche negli anni più ottusi e bui mi sono mosso come pochi per un allargamento, oltre la sconfitta bellica, degli orizzonti culturali, per ristabilire dei collegamenti, per sentirci meno soli e vivere la nostra esperienza in un quadro di riferimenti mondiali, da cui non dovevano essere esclusi nemmeno gli interessantissimi fermenti di rivitalizzazione della tradizione nazionale che si andava sviluppando anche a sinistra».
E partiamo, allora, proprio dal Brasillach i cui versi sono stati l’ultima cosa letta da Accame. Il poeta, scrittore e giornalista francese, ad appena tre mesi dalla vittoria degli alleati in Europa, viene fucilato il 6 febbraio 1945, dopo una condanna a morte per collaborazionismo.
Il 15 marzo successivo esce di scena anche Pierre Drieu la Rochelle, suicidandosi a Parigi dopo aver letto le Upanishad. In Italia solo nel maggio 19

E il primo interprete italiano sarà proprio Giano Accame col suo saggio Contraddizioni di un romanticismo a destra che solleciterà anche una lunga risposta dello stesso Sérant. Da allora Robert Brasillach e Drieu entrano nell’immaginario dei giovani non-conformisti italiani degli anni Sessanta. E arrivano le traduzioni: splendida quella di Luciano Bianciardi del Gilles di Drieu, sempre del 1961, e poi quella – sempre di un racconto lungo di Drieu – di Fuoco fatuo, da cui qualche anno dopo Louis Malle trarrà anche un bel film. Poi sarà Alfredo Cattabiani a tradurre e pubblicare altri testi, ancora di Drieu: Piccoli borghesi, Che strano viaggio, Le memorie di Dirk Raspe.
Poi ancora testi di Robert Brasillach, grazie soprattutto al lavoro di Adriano Romualdi. È del 1964 la pubblicazione della Lettera a un soldato della classe ’40, curato dalle edizioni “C

Ti chiedo solo di non disprezzare le verità che noi abbiamo cercato, gli accordi che abbiamo sognato al di là di ogni disaccordo, e di conservare le due sole virtù alle quali io credo: la fierezza e la speranza».

Proprio in questo senso Accame scrive che «la storia del Novecento non si divide affatto in una prima metà dominata con i fascismi da un’attrazione per la morte e in una seconda metà che se ne è liberata con il liberalcapitalismo». E su questo versante il libro di Accame prende di petto e confuta tutte le interpretazioni – a partire da quelle di Furio Jesi e Umberto Eco – sull’«attrazione morbosa della morte come cattivo gusto specifico del fascismo». Semmai, si legge ne La morte dei fascisti, l’emblematica mortuaria e necrofila ha i suoi precedenti nella cultura romantica e decadentista e affonda le sue prime radici nell’epoca delle religioni civili, maturata con l’Illuminismo,

Di contro, Accame evidenzia – nel capitolo intitolato “Per una storia della truculenza” – tutto il portato del bellicismo di matrice liberale e democratica: «Sarebbe ins

Anche per questo la presunta deriva necrofila è stata un grosso equi

Luciano Lanna, laureato in filosofia, giornalista professionista dal 1992 e sc

Addio Giano
80 anni, è deceduto ieri a Roma Giano Accame, nato a Stoccarda il 30 luglio 1928. La camera ardente, allestita presso la sua casa-studio in Lungotevere dei Mellini 10.
Sui banchieri e la sinistra…
«Nei momenti di crisi spesso ci si rivolge ai militari. In Italia ci si è rivolti ai banchieri. Sono tanti i banchieri chiamati in politica senza aver mai preso un voto. Rainer Masera, Piero Barucci, Paolo Baratta, Paolo Savona. Almeno Dini poi si è fatto eleggere. Ma Ciampi no. Questo è il vero voltagabbanesimo della sinistra: aver messo negli anni Novanta il Paese nelle mani dei banchieri che vediamo adesso che razza di imbecilli sono».
Sul saluto romano, sul chiamarsi camerata, la camicia nera e i pellegrinaggi a Predappio…
«La fedeltà è come la verginità. A vent’anni può avere un sapore. Sessant’anni dopo un po’ meno. Le testimonianze di fedeltà si esauriscono coi ricambi di generazione. Ma il fascismo è stato un periodo di una creatività tale che ti fa anche sopportare il ridicolo di alcuni riti»
Sulla politica…
« La politica deve usare argomenti accessibili al grande pubblico, quindi argomenti ormai banalizzati. Mentre il compito dell’intellettuale è quello di spingersi oltre, di dire delle novità; il compito più difficile, insomma. Ma la normalità non è la vera rivoluzione. La vera rivoluzione è il cambiamento
Su se stesso…
«Sono uno scrittore di destra che ha dovuto conquistare la propria libertà faticosamente e giorno per giorno, vincendo pregiudizi, difficoltà e tentativi di discriminazione»